Roberto Benigni: la conosci la sua poesia sulla cacio e pepe?

Roberto Benigni è un grande personaggio dei nostri tempi: ma lo sapevate del suo grande amore per la cacio e pepe?

Da poco è stato un giorno davvero speciale per uno degli attori, registi e personaggi pubblici più amati e influenti del nostro tempo: Roberto Benigni ha infatti compiuto 70 anni, un traguardo non da poco per chiunque, una tappa importante della vita di tutti, specialmente di una persona così amata da tutti come Benigni. Che sia una grande icona lo sappiamo tutti, abbiamo visto i suoi film, le sue performance cinematografiche, letto le sue poesie e assistito ai suoi spettacoli teatrli e non solo, ma sapevate della sua passione per la pasta cacio e pepe?

Oltre a Benigni anche questo meraviglioso piatto della tradizione romana è una vera e propria icona della storia del nostro Paese: amata da tutti e un vero must quando si viaggia nella capitale, che ha dato i natali a questo storico primo piatto così amato dall’attore e regista. Benigni ama così tanto la cacio e pepe da averle dedicato una poesia. L’avete mai letta?

Roberto Benigni e la poesia sulla cacio e pepe

La cacio e pepe è così buona, cremosa e iconica che, in effetti, ispira poesie, specialmente se si ha avuto la fortuna di assaggiarne una fatta a regola d’arte magari in una trattoria romana doc. Ma se c’è uno che le poesie le sa scrivere, questo è proprio Roberto Benigni che ha voluto omaggiare con le sue parole questo piatto incredible che tanto ci fa emozionare quando lo mangiamo. L’avete mai letta? L’ha composta tanti anni fa, nel 2000, per celebrare il piatto cucinato dallo storico Felice al Testaccio, tappa fissa per gli amanti di questo piatto che vanno a Roma.

Felice ha apprezzato così tanto la poesia di Benigni, scritta da lui stesso a  mano, che ha incorniciato il foglio dove era stata scritta e l’ha appeso in bella vista nel suo locale così che tutti i clienti lo possano vedere.

Ho visto il monumento a Porta Pia, quel grande bersagliere col pennacchio.
Dissi a Rutelli di buttarlo via e mettere Felice con l’abbacchio.
Felice non è un uomo, è una poesia, di tutti i grandi cuochi lo spauracchio.
Perché sto a Roma? Dico a chi mi dice: “perché c’è il Papa, il Colosseo e Felice!”
Felice è un uomo onesto, bravo e giusto e quando morirà (a tutti tocca)
ci sarà in Paradiso un gran trambusto.
Pure gli angeli perderan la brocca.
Cristo lo accoglierà con grande gusto.
Lo abbraccerà con l’acquolina in bocca e gli dirà, in mezzo a quel presepe:
“E vai, Felì, facce ‘na cacio e pepe!

Non può esserci omaggio maggiore di questo?

 

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